Al momento della dichiarazione dei redditi è possibile scegliere, oltre alla Chiesa cattolica e ad alcune confessioni religiose di minoranza, anche lo Stato. È la Presidenza del Consiglio che decide come ripartire tali fondi, che dovrebbero essere impiegati, ai sensi della legge n. 222/1985, per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e conservazione di beni culturali. Una parte dei beni culturali oggetto di contributo è tuttavia sempre stata costituita da edifici religiosi di proprietà della Chiesa cattolica.
Il 3 gennaio 2012 il governo Monti ha comunicato di aver deciso di destinare i fondi di pertinenza statale «alle esigenze dell’edilizia carceraria e per il miglioramento delle condizioni di vita nelle prigioni». La quota di pertinenza 2012 è stata destinata al risanamento del debito e alle calamità naturali. Similmente la quota 2013: dei 404.771 euro residui comunque destinati a iniziative specifiche, 236.335 sono finiti a realtà dichiaratamente cattoliche. Con la legge di stabilità 2014 si è infine deciso che il gettito di competenza statale potrà essere destinato anche a “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”. La riforma della cosiddetta “buona scuola” ha tuttavia presto ridimensionato la portata della novità.
Come se non bastasse, il governo Renzi si è a lungo incredibilmente “dimenticato” di procedere alla ripartizione delle somme del 2014, come denunciato dall’Uaar, ripartito soltanto nel 2016. Della quota 2014, 2.014.388,45 dei fondi destinati alla fame del mondo è finita ad associazioni cattoliche, mentre 2.553.929,83 della quota per la conservazione di beni culturali è stata destinata a edifici cattolici. Sempre nel 2016, il 28 aprile, il governo ha deciso che la quota 2015 non sarebbe stata ripartita, ma bensì destinata a coprire il deficit statale. Nebbia fitta sulla ripartizione relativa agli anni successivi.
Anche in questo caso che la Corte dei Conti è intervenuta sull’argomento, redigendo nel 2014 e nel 2015 due rapporti contenenti numerose critiche in merito all’utilizzo statale di tali fondi. Vista l’inerzia dei diversi governi, due ulteriori rapporti critici sono stati diffuso nel 2016 e nel 2018.
Il governo Meloni, tra le misure del decreto Giustizia approvato dal Consiglio dei ministri nell’agosto del 2023, aggiunge come ulteriore destinazione il finanziamento di interventi straordinari per il recupero dalle tossicodipendenze e da altre dipendenze patologiche.