Istituito con l’articolo 55 della legge n. 222/1985 (la stessa dell’Otto per Mille), il Fondo Edifici di Culto possiede un patrimonio immobiliare, gestito dal Ministero dell’interno, di circa settecentocinquanta templi di elevato valore, per diversi dei quali si paga il biglietto d’ingresso.
Come rilevano i radicali nella presentazione di una proposta di legge alla Camera, «le circa settecento chiese appartenenti al Fec vengono solitamente concesse in uso gratuito per fini di culto all’Autorità ecclesiastica»; i proventi del patrimonio derivanti da locazioni di immobili adibiti ad uso di civile abitazione sono invece utilizzati «per la conservazione, il restauro, la tutela e la valorizzazione degli edifici di culto».
Gli immobili statali adibiti a edifici di culto non si limitano tuttavia a quelli che fanno parte del Fec. Lo Stato italiano possiede infatti diversi edifici di interesse religioso come chiese, monasteri, e immobili simili, anche di enorme valore (per esempio l’abbazia di Montecassino, quella di Pomposa, la Certosa di Pavia, il Monastero di San Benedetto).
Il Dpr n. 296/2005, nel regolamentare le modalità di cessione dei beni immobili statali a vario titolo, prevede inoltre delle agevolazioni specifiche destinate agli enti religiosi. Gli articoli 10 e 11 stabiliscono quali sono i soggetti che hanno titolo per chiedere di beneficiare della cessione, rispettivamente, a titolo gratuito e a canone agevolato, e mentre nel secondo caso vengono anche comprese genericamente organizzazioni non lucrative, nel primo caso sono citate solo istituzioni statali, enti ecclesiastici e oratori. Il capo IV della legge, inoltre, prescrive che in ogni caso il canone annuale per edifici di culto, abbazie, certose e monasteri, ammonti al massimo a 150 euro, eventualmente indicizzabili.
Pertanto, si stima prudenzialmente che il beneficio derivante da tali concessioni (gratuite o quasi-gratuite) e il costo che grava sullo Stato per il loro mantenimento abbiano una consistenza di circa 200.000.000 di euro ogni anno.