La Santa Sede dispone di esenzioni diverse, e più estese, rispetto agli enti cattolici di diritto italiano. In particolare, tutti i redditi dei fabbricati di sua proprietà (e l’aumento di valore degli stessi), non soltanto quelli a cui il Concordato attribuisce lo status di extraterritoriali, sono completamente esenti da tributi, così come sono esenti da imposte doganali e daziarie «le merci provenienti dall’estero e dirette alla Città del Vaticano, o, fuori dalla medesima, ad istituzioni ed uffici della Santa Sede » (art. 20 del Concordato del 1929). Un effetto collaterale, documentato da Emiliano Fittipaldi nel libro Avarizia e da Gianluigi Nuzzi in Via Crucis, è che all’interno operano una pompa di benzina, una farmacia, una tabaccheria, un supermercato, una profumeria e negozi di abbigliamento ed elettronica a cui accede un numero di persone diverse volte superiore a quello dei (teorici) aventi diritti, creando così un ingente danno erariale allo Stato italiano. L’art. 17 del Trattato del Laterano del 1929 prevede, inoltre, che «le retribuzioni, di qualsiasi natura, dovute dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, anche non stabili, saranno nel territorio italiano esenti da qualsiasi tributo tanto verso lo Stato quanto verso ogni altro ente».
I radicali ricordano inoltre l’«esonero Irpef per gli impiegati e salariati, anche non stabili, della Santa Sede» e l’extraterritorialità dell’Opera Romana pellegrinaggi, le cui attività si svolgono però quasi esclusivamente sul territorio italiano, e le cui “disinvolte” modalità di gestione dei dipendenti sono state più volte segnalate dai mezzi di informazione nazionali (cfr. Ultimissima del 29 ottobre 2008 e Il Messaggero del 30 ottobre 2012). Di agevolazioni analoghe gode il Sovrano Militare Ordine di Malta, un ordine religioso cavalleresco dipendente dalla Santa Sede che viene considerato un soggetto di diritto internazionale e che gode, oltretutto, dei vantaggi dell’extraterritorialità.
In materia fiscale gli enti ecclesiastici godono in genere di esenzioni e privilegi in merito alle modalità di costituzione e registrazione (per esempio quali imprese sociali o quali persone giuridiche), che costituiscono pertanto un risparmio di non poco conto: da segnalare, per esempio, l’esonero dal pagamento della Tosap (Tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche) per l’effettuazione di attività di culto.
Va inoltre ricordata anche la legislazione di favore di cui godono gli immobili di proprietà ecclesiastica in materia di sicurezza. Come ha documentato l’Uaar, i privilegi concessi sono cospiscui, e consentono significative riduzioni di spesa. Similmente, gli edifici di culto sono esentati, grazie all’articolo 3 del decreto legge 63/2013, dal dotarsi di attestato di prestazione energetica, il cui costo si aggira intorno ai 300 euro per unità immobiliare. Infine, soltanto dal 2014 sono tassate in Italia le rendite finanziarie riconducibili alla Santa Sede.
Non dimentichiamo poi l’assenza di qualsivoglia tassazione sui biglietti d’ingresso agli edifici di culto di particolare pregio artistico. Occorre infine aggiungere il trattamento di favore di cui godono le realtà ecclesiastiche quando, colte in castagna, trattano con lo Stato uno sconto sull’importo dovuto. Per esempio, il Fatto Quotidiano del 24 settembre 2009 ha reso noto che La Cascina, una cooperativa che fa parte della galassia di Comunione e Liberazione e che doveva versare al fisco 74 milioni di tasse, sanzioni e interessi arretrati, grazie all’intercessione di Gianni Letta avrebbe ottenuto uno sconto di 19 milioni di euro e una rateizzazione in 18 anni del rimanente.
L’entità dell’impatto di tali benefici non è stata mai quantificata da nessuno: prudenzialmente la indichiamo in 55 milioni.